“Da
Vallina, passando per la vicina Bastia, si accede ad una strada
molto panoramica che giunge in loc. Val di Ranco alle pendici del
Monte Cucco. Questa strada risale il monte Testagrossa fino a
valicarlo e giungere in territorio umbro. È però dismessa e molto
rovinata in quanto territorio marchigiano”.
Così è dato testualmente leggere, alla voce “Vallina”, nel sito
internet
http://it.wikipedia.org/wiki/Vallina_Fabriano.
Nel bel sito di Vallina di Fabriano (http://www.vallina.it), invece,
è possibile rilevare il seguente, satirico botta e risposta:
“Sei
passato pe’ Bastia?? Sì, ma la strada è sempre peggio, piena de
canali e de buche... La prossima volta faccio er giro pe’ Sigillo...
(cfr. http://www.vallina.it/cucco.htm)”.
Tale direttrice montana delle Marche, nella Provincia d’Ancona,
costituisce quasi la naturale continuazione, “in quota”, della
“Strada Provinciale 47 di Montecucco”, la quale, dipartendosi,
grossomodo, all’altezza di Melano e risalendo l’alta valle del
Torrente Rio Bono, arriva a lambire i fianchi orientali del gruppo
montuoso di Monte Cucco, più o meno in corrispondenza di Bastia di
Fabriano. Da Bastia, una variante di quest’ultimo tracciato
provinciale si distacca, così, da esso, dirigendosi, quindi, verso
il Monte Testagrossa (m 1.175 s.l.m.), per, poi, una volta
valicatolo, a 1.143 m s.l.m., entrare, nel territorio umbro della
Provincia di Perugia, all’interno del Parco Naturale Regionale di
Monte Cucco.
Meditavo -tempo fa- sul fatto che, per rompere l’isolamento viario
della succitata area protetta della Regione Umbria, in direzione di
Fabriano e delle Marche tutte, facilitando e potenziando, così, i
flussi turistici diretti verso le Grotte di Monte Cucco, Fossato di
Vico, Sigillo, Costacciaro e Scheggia e Pascelupo (ma, naturalmente,
anche viceversa), occorrerebbe, assolutamente, ridare la dignità di
strada, carrozzabile e rotabile, all’ormai, da lunghi anni,
semi-abbandonata via montana in narrativa, comunemente nota anche
come “Bastia - Sigillo”, praticamente ridotta, oggi, nel tratto
marchigiano, allo stato di mulattiera.
Nell’ambito dei recentemente ripresi rapporti di buon vicinato e
collaborazione tra l’area territoriale umbra del Parco di Monte
Cucco e Fabriano, si potrebbe, allora, benissimo -a mio avviso-
inserire, altresì, un qualificante progetto di recupero e
valorizzazione di quell’importante arteria montana di collegamento
(già anche di non trascurabile valenza storica, con il nome di
“Strada del Postiglione”), tra Umbria e Marche, magari prevedendo la
sua messa in sicurezza, l’irreggimentazione delle sue acque piovane
e la propria asfaltatura o, almeno, depolverizzazione.
Nel corso degli anni, ho, infatti, personalmente od indirettamente,
raccolto molte lamentele sullo stato di degrado della strada montana
in oggetto. So, ad esempio, che alcuni fabrianesi, i quali avevano
la casa a Val di Ranco, l’hanno, poi, venduta, anche e soprattutto,
per non voler più fare quella “stradaccia” che -come qualcuno di
loro giustamente lamentava- “ammazza le macchine”. Molti altri
marchigiani, poi, che, abitualmente, salivano al Cucco per
escursioni, picnic, merende, o, più semplicemente, d’estate, per
prendere il fresco, a causa dello stesso citato motivo, ora non si
sognerebbero più, assolutamente, di ascendervi.
Altre lamentele si sono, poi, nel tempo levate dai paesi
pedeappenninici di Bastia e Vallina di Fabriano. Un abitante di
Bastia, ad esempio, diceva giustamente -tempo fa- che molti
deltaplanisti non utilizzavano più l’area di decollo nord del Cucco
che prospetta verso Fabriano e, quindi, neppure quella d’atterraggio
est di Vallina, proprio per via delle condizioni disastrose della
strada.
Pare, poi, che, alcun tempo fa, una delle massime cariche
istituzionali della Provincia d’Ancona, avesse fatto stilare un
preventivo per la depolverizzazione di questa strada, dal quale
sarebbe emerso, allora, un importo stimato di circa 200 mila euro,
dunque non eccessivamente esòso, qualora “ammortizzato” a scala
regionale.
E pensare che, per questa via, ingegneristicamente assai ben fatta,
si potrebbero far transitare eventi importanti che uniscano, ancora
più intimamente e significativamente, l’Umbria alle Marche, eventi
anche di valenza nazionale, come, ad esempio -che so- il Giro
d’Italia... con tutta la prevedibile pubblicità positiva che
ricadrebbe sul Cucco e su tutte quante le nostre zone confinarie sia
umbre sia marchigiane.
Inoltre, l’anno prossimo, sul Monte Cucco umbro, si svolgeranno i
campionati mondiali di deltaplano e, perché l’area marchigiana del
Cucco stesso non ne resti completamente tagliata fuori, occorrerebbe
-credo- darsi subito da fare, nel senso sopra indicato.
Mi è venuto, così, in mente che, adesso, Assessore della Regione
Marche ai Trasporti, Viabilità, Territori montani e politiche per la
montagna è il capace Dottor Luigi Viventi, il quale, originario di
Vallina, un grazioso ed attraente paesino del Cucco marchigiano,
potrebbe rivelarsi potenzialmente sensibile alla tematica in
narrativa.
Molte altre iniziative potrebbero essere, inoltre, correlate e
correlabili alla mia idea progettuale in narrativa, ancora
praticamente in nuce, come quella di collegarla al progetto di
realizzazione d’un itinerario storico-culturale ed ambientale
templare, denominato “Anello del Tempio di Monte Cucco”, tuttora in
fieri. Nessun momento pare, d’altronde, più favorevole di questo, se
inquadrato nell’ottica dei riavviati rapporti di collaborazione tra
Umbria e Marche, propiziati, anche e soprattutto, dalla costruzione
della “direttissima” stradale Perugia - Ancona, attualmente in
intensa fase di realizzazione.
Lungo il tracciato della cosiddetta “Bastia - Sigillo”, antico
diverticulum, ovverosia “variante di valico” transappenninico della
Via Flaminia, è già transitata, inoltre, la preistoria e protostoria
della civiltà pastorale dell’Appennino umbro-marchigiano e la storia
e la civiltà umbra, picena, gallica e romana, nonché parte, almeno,
dell’alto e basso Medioevo dell’Umbria e della Marca d’Ancona. I
segni di tale passaggio di civilizzazioni sono, infatti, ancora
evidenti nei limitrofi toponimi (“Aia di Fabriano”, “Prato dei
Signori”, “Terrazza di Fabriano”, ecc.), nei reperti archeologici
(leoncino e “cavallino impennato” di Sigillo, rinvenuti nel
possibile bosco sacro delle “Cèse”) e nei resti di manufatti umani
di natura difensiva (Bastia, ecc.). Inoltre, poco prima del valico,
in territorio fabrianese, c’è la bella struttura d’un rifugio
montano, che gode d’una vista magnifica, ora unicamente utilizzato,
assai riduttivamente -a parer mio-, quale ricovero per bovini.
La strada in narrativa attraversa anche alcuni luoghi-simbolo,
legati alla memoria di talune tragiche ed eroiche vicende che sono,
oramai, divenute pagine fondamentali della storia partigiana
umbro-marchigiana. A ricordo degli avvenuti scontri tra nazisti e
partigiani fu, a suo tempo, eretto anche un piccolo monumento che
intendeva eternare, nelle intenzioni iniziali, la memoria d’alcuni
partigiani del Fabrianese, caduti attorno al Monte Testagrossa.
Mi piace concludere, infine, il mio ondivago
argomentare con una frase tratta, ancora una volta, dal bello e
significativo sito web
www.vallina.it:
“Tutto
questo è Monte Cucco, non soltanto un monte, ma un modo di vivere il
presente pensando al passato”.